Post 1: Progresso. Se si vada da qualche parte (ed eventualmente dove)
"Quando pensiamo al futuro del mondo, lo immaginiamo sempre nel posto in cui sarebbe, se avesse continuato a procedere come lo vediamo procedere adesso, e non teniamo conto del fatto che la sua strada non è dritta, ma curva e che la direzione cambia costantemente". Ludwig Wittgenstein
Perché parlare ancora di progresso? Perché rispolverarne le conclamate illusioni? Perché indulgiare su un'idea di cui il pensiero post-moderno avrebbe fatalmente svelato i contorni mistici e i falsi presupposti? Forse perché, vera o falsa poco importa, quella di progresso è un'idea di cui, nell'immaginazione e progettazione politica come nella riflessione scientifico-filosofica, difficilmente possiamo fare a meno. Ragionare su che cosa intendiamo per "progresso", sui criteri che lo definiscono e sui modelli e le immagini che lo rappresentano; sondare e battere le vie per cui la riflessione contemporanea ha reagito agli scacchi di una concezione che riteneva ingenua; ripensare lo spazio del passato e del futuro e delle trame che li uniscono tra storia, scienza ed epistemologia: queste, alcune delle varie cose che di proponiamo di fare con, e attorno a, la parola "progresso".
Post 2: Letterature. Su alcune intersezioni, tangenze e asintoti tra filosofia e letteratura.
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“Io sono fatto di acqua. Non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non esca fuori. Anche i miei amici sono fatti di acqua. Tutti quanti. Il nostro problema è che non solo dobbiamo andarcene in giro senza essere assorbiti dal terreno ma, anche, che dobbiamo guadagnarci da vivere. In realtà c’è un problema ancora più grosso. Dovunque andiamo non ci sentiamo a casa nostra. Perché?” Philip Dick
Unite in molti dipartimenti, protocolli di ricerca, scaffali accademici e librari, filosofia e letteratura – “pratiche del vero” e “pratiche del bello”, come si potrebbe approssimativamente definirle – sono segmenti noti del nostro universo culturale. Ma che spazio vi occupano esattamente? Si dice “letteratura” e si pensa a Pavese; “filosofia” e si pensa a Cartesio. Eppure, c’è del filosofico in Pavese e del letterario nei filosofemi cartesiani. Di più: i contorni di quei due grandi contenitori che chiamiamo “filosofia” e “letteratura” sono perennemente oggetto di contesa, tra definizioni, creazioni di canoni, sovrapposizioni e trinceramenti, tangenze e cerniere. La metaforica matematica adottata in copertina suggerisce alcune modalità, sondate dai diversi contributi del numero, in cui questa relazione si può dispiegare. Jean-Luc Nancy, nome di spicco dell’attuale scenario filosofico francese, ci aiuta nell’esplorazione di questi territori: una ricca intervista colora alcune delle pagine di questa seconda uscita di Post.
Post 3: Immagini, Prospettive e Mappe dell’Abitare
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All’inizio del percorso che ci ha portato a questo numero dedicato allo spazio avevamo davanti a noi una scatola cinese, dentro alla quale sapevamo che ce n’erano altre più piccole, ma noi stessi eravamo in una scatola più grande, senza sapere quante fossero le scatole che la contenevano. Qual è, e dove è, lo spazio nel quale viviamo? Il tempo scorre, nello spazio; lo spazio resta, nel tempo. Come uscire da questa impasse? Einstein, introducendo lo spazio-tempo, ha risolto il problema per quanto riguarda la fisica, ma i risultati delle sue scoperte sono lungi dall’essere interiorizzati dalle altre branche del sapere. Tutte le discipline sono costrette, in un modo o nell’altro, ad abitare un qualche spazio, ma poche di esse lo problematizzano come elemento in sé, altre non si rendono conto di averlo già inconsapevolmente problematizzato. Nel coordinare i lavori del numero di Post dedicato allo spazio, abbiamo dato voce alle possibili risposte a questo tipo di domande, proponendo tanto agli articolisti quanto agli artisti, diversi tra loro per formazione, attività di ricerca, di lavoro, e, in generale, per esperienze di vita vissuta, di confrontarsi con questo tema.
Post n. 4: Convenzioni e Convenzionalismi
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Secondo una delle più praticate disambiguazioni del concetto di convenzione, qualcosa (un principio, un fatto, un comportamento) è convenzionale se non è dettato da uno stato di cose immodificabile ma è in qualche misura “up to us” – in altri termini: se possiamo sceglierlo, se è il frutto di un nostro accordo (implicito o esplicito) e così via. Dove c’è un accordo ovvero una scelta condivisa da una comunità, ci sarà quindi anche convenzione: per questo non c’è spazio dell’agire-sapere – dalla giustizia alla proprietà privata, dalla politica all’etica, dal linguaggio alle scienze – che non sia almeno in parte convenzionale. In questo numero di Post, un’equipe formata da giovani filosofi, artisti visivi, semiotici, storici, scienziati politici, giuristi, matematici e fisici si impegna a demarcare i diversi contesti convenzionali e a precisare modalità e funzioni svolte dalle convenzioni tanto nel “mondo della vita” quanto nel contesto della ricerca scientifica.
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